Claudio Rizzi
Significativo preludio a ogni analisi o chiarificazione dell’opera di Giuseppe Billoni consiste nelle parole di Benvenuto Guerra allorché riscontra nel pittore mantovano “una concezione dell’arte intesa come rivelazione, o più precisamente, come disvelamento.
Disvelare è togliere ritualmente i veli che mascherano una verità ascosa ed elusiva, non fermarsi alla parvenza illusoria delle cose, assumerne lo sguardo della profondità”.
È questo un punto cardine nella lettura del lavoro di Billoni: traguardo intermedio dopo una lunga elaborazione di esperienza e nastro di partenza per il nuovo percorso della maturità.
Raffinato cultore delle tecniche pittoriche e incisorie, conoscitore attento dei materiali sino a rarefatto equilibrio di ardito utilizzo, Billoni scava nella materia, sia una lastra per incisione, sia pittura. Scava, ovvero scopre e disvela.
L’autonomia del linguaggio e la peculiarità di territorio intellettuale risultano evidenti al primo contatto. Ma palesano anche l’autoritratto o perlomeno l’intensità sobria del colloquio in atto con se stesso.
Non si tratta di un monologo perché non si configura l’asserzione, non risuona il tono della dichiarazione, anzi piuttosto si percepiscono i ritmi di domanda e risposta. Un dialogo tra sé e sé.
L’autoritratto si delinea nella continua proiezione di ricerca mirata in profondo: incessante sequenza di domande incanalate al centro del mondo inteso come interno, come scrigno contenitore di verità occulta poiché celata nel mistero e nel segreto.
Billoni afferma di credere “che fare arte non sia mai fine a se stesso ma sia tuttuno con la ricerca conoscitiva che si esercita su noi stessi e il mondo…”
Assume dunque immediata evidenza il carattere introspettivo della sua pittura, quasi strumento necessario all’approfondimento, metodo per calarsi nella ragione delle cose, sino ad equiparare la ricerca a “tuffo nel vuoto” e a “discese agli inferi”.
Alimentato da preponderante contesto esoterico,lo spazio intellettuale di Billoni volge poi a costrutti e citazioni filosofiche, ponendo in quesito, in ipotesi e in essere tesi articolate in teoria.
Con rigore estremo, senza alcuna concessione ludica né tantomeno fantascientifica, Billoni prosegue e persegue la propria ricerca, coniugando il patrimonio dell’esoterismo consolidato agli esiti della onerosa indagine personale.
Il percorso artistico di Billoni si misura ormai in alcuni decenni ed è scandito da periodi correlati a temi posti in logica sequenza.
Dai primi lavori eseguiti negli anni ’70, già fondati su simboli di matrice “criptica”, ovvero nascosta e misteriosa in consonanza alla liturgia esoterica, sono derivate le “Ruote Cosmiche”, microcosmi intessuti in dialettica di rimandi e riferimenti alchemici.
Nascono poi le “Barche Labirinto”, apparentemente surreali, ove si accentuano ambiguità o ambivalenza di materia in un dinamismo fluttuante che già suggerisce la tramutazione del vuoto in pieno e la dimensione di un inafferrabile oltre, unicamente percettibile ma non individuabile perchè immerso in altra realtà, criptica, magica o misteriosa, riservata in quanto esoterica.
Evoluzione coerente si ravvede nei “Cieli stratificati” e nei “Frammenti di Cielo”, ove la gassosità atmosferica diviene densità corporea, ribaltando i canoni usuali, quasi fosse il cielo stratificazione solida e noi osservatori posti o tramutati nel nulla. E per disvelare quella materia, che misteriosa incombe verso di noi sagacemente pilotata dall’alchimia della pittura di Billoni, lui disvela strati di cielo, apre quel corpo in strati e fette arenandosi all’ultima fascia perché là è il mistero.
Esseri, non umani e nemmeno ominidi ma semplicemente esseri, hanno abitato con frequente presenza i quadri di Billoni coesistendo nella folta simbologia e animando in coro il dibattito macro-microcosmo. Ora compaiono grandi “Figure oltre la soglia”.
La soglia potrebbe essere l’ultimo strato di materia abbattuta svelando dunque la figura. Tuttavia potrebbe trattarsi del contrario: la figura eterea campeggia in primo piano e dietro si estende un fondo nero. Dunque la figura ha varcato la soglia e la titolazione “oltre” significa la permeabilità della materia.
Invertebrato o ameba, membrana o flessuoso filamento di energia, la figura è antropomorfica nel vago palpito corporeo, intende farsi riconoscere come tale ma certamente è il trionfo dell’immateriale, come se un brano di cielo o un capitolo di teoria volesse farsi carne e ossa.
Cosa e come sia, Billoni non dirà.
È l’ultimo esito della sua ricerca di svelamento e scavo in una realtà insita altrove rispetto alla nostra verità convenzionale, perché questa lui l’ha seriamente posta in forte dubbio.
A questo punto del percorso, Billoni nutre intuizioni e presentimenti che ancora non possono definirsi certezze. Motivo per cui prosegue il lavoro di erosione e di immersione nella ricerca.
E non gli interessa un singolo dettaglio perché la verità che attende è il tutto.
Per questo non sarebbe attratto dall’idea di una risposta a un nostro singolo perché. Ma con grande apertura accetta il dialogo intenso, quello che mira al centro delle cose e che potrebbe forzare le porte del mondo.
In quel caso disserteremmo di filosofia e ci immergeremmo nell’esoterismo, posto che si aprisse anche a noi il perimetro del precluso.
Ma l’oggetto, qui e ora, è altro. Giuseppe Billoni pittore. Il pensatore, il suo mondo intellettuale, le argomentazioni colte ma infinite che si potrebbero aprire, interessano meno. Certo non si può disunire l’artista dall’uomo ma la pittura non è letteratura e ora merita attenzione anche in silenzio.
Percepire la coerenza di percorso, l’impegno di un’esistenza che in queste tele è dipinta come una vita si può trascrivere nelle pagine di un diario. La confessione di drammaticità nella ricerca assetata di risposta.
E l’autonoma sobria felicità di un mondo che vive libero oltre i confini della convenzione.
La pittura di Billoni, il suo micro-macrocosmo.
02 Febbraio 2005